Incendi – Montagne in fiamme: la rabbia dei cittadini, l’impotenza dei sindaci, gli interessi economici e la pazzia dell’uomo
Brucia tutto, da nord a sud, da est ad ovest; anche nella provincia di Frosinone e nel Pontino non c’è lembo di terreno boschivo trascurato dalle fiamme.
Fiamme appiccate dall’uomo, dalla follia, dall’imbecillità, dallo sguardo apparentemente intelligente che si inchioda sulla punta del naso.
Gli incidenti sono dolosi, la fatalità e l’autocombustione sono solo un’eventualità.
Gli elicotteri ed i canadair trasportano acqua a costi notevoli, i cittadini difendono le proprie case e i propri terreni; quando possono.
I Vigili del Fuoco scappano di qua e di là, sommersi da valanghe di chiamate.
I sindaci sul proprio territorio cercano di fare il possibile, aiutati da pochi cittadini e volontari, ma intanto la loro rabbia, che rappresenta il comune sentire dei cittadini, esplode anche sui social.
Magari la speranza è quella di toccare l’animo e la coscienza, ammesso che l’abbiano, di quegli imbecilli che per svariate ragioni seminano inneschi lungo le montagne per distruggere un patrimonio naturale inestimabile che ci è stato dato.
Un patrimonio di aria pura, ambienti salubri, fonti di vita e sopravvivenza che l’uomo, in un modo o nell’altro, sta, giorno dopo giorno sta distruggendo; non solo con gli incendi.
“Non perdonarci madre, distruggici, perché non siamo degni del tuo amore…” – commenta amaro il sindaco di Spigno Saturnia Salvatore Vento – le cui montagne, fino a Formia e verso Ausonia, Esperia e Pontecorvo sono state ridotte a un cumulo di cenere.
“Lucida follia o pura schizofrenia? Un piano criminale o un giochetto demenziale? Chi ha appiccato il fuoco lo ha fatto per un vantaggio personale o per arrecare danno a qualcuno? È stato un gesto di rabbia, di frustrazione, uno sfogo o una rivendicazione repressa? – si chiede il sindaco di Pastena Arturo Gnesi – di certo nella mente qualcosa non gli funziona e non è il solo perché mentre ieri si tentava di spegnere un incendio che aveva già distrutto oltre 150 ettari di macchia mediterranea, in altri due punti e a distanza di qualche ora l’uno dall’altro, venivano dati alle fiamme campi incolti, prossimi a boscaglia che avrebbe bruciato all’istante. La tempestività dell’intervento di abitanti della zona e di giovani volontari ha evitato il peggio. … Guardando bruciare gli ulivi pensavo alle mani e alle schiene che ne avevano curato la crescita. La loro distruzione significa inevitabilmente una perdita altrettanto significativa delle radici popolari, culturali, etiche e morali della nostra civiltà”.
Qualunque sia la causa è lo Stato che avrebbe dovuto già far sentire la sua voce, forte e perentoria.
Occorre una prova di forza, una legge più dura: i piromani intenzionali e seriali vanno messi in galera a vita (chi distrugge la fonte dell’aria che respiriamo e occasione di sopravvivenza, è assimilabile all’omicida), perseguiti patrimonialmente per lo scempio arrecato e costretti ai lavori di ripristino dei danni causati con gli incendi.
E oggi ancora fiamme.