Roma – E’ sciopero il 18 ottobre: grande manifestazione di FIM, FIOM e UILM a difesa dell’occupazione
Ci si mobilita per rilanciare il futuro dell’industria dell’auto in Italia. Inizia ora una serie di assemblee in tutti gli stabilimenti dell’automotive e della componentistica
L’annuncio era atteso, è arrivato puntualmente oggi nel corso della conferenza stampa congiunta di FIM, FIOM e UILM che insieme hanno deciso di lottare per difendere l’occupazione, il lavoro e per rilanciare il futuro dell’industria dell’auto in Italia, organizzano uno sciopero nazionale di 8 ore del settore automotive e delle imprese della componentistica. E’ previsto nella giornata di venerdì 18 ottobre 2024 , con una grande manifestazione a Roma.
Per la riuscita dello sciopero e della manifestazione saranno convocate assemblee unitarie in tutti gli stabilimenti.
Come si è arrivati a questa decisione? Lo hanno spiegato in un comunicato congiunto i tre segretari Ferdinando Uliano (FIM), Michele De Palma (FIOM) e Rocco Palombella (UILM).
“La situazione del settore automotive in Italia e in Europa diventa sempre più critica. In assenza di una netta inversione di direzione, rischia di essere irrimediabilmente compromessa la prospettiva industriale e occupazionale. Le drammatiche novità provenienti dalla Germania e dal Belgio, a partire dal gruppo VW, rischiano di produrre un terremoto per tutta l’industria dell’automotive nel continente, mentre Usa e Cina difendono l’industria con fortissimi investimenti. Ciò per noi potrebbe provocare effetti dirompenti, giacché il settore rappresenta l’11% del PIL italiano.
Sono indispensabili urgenti interventi sulle scelte strategiche del settore da parte della UE, mirate politiche industriali da parte del Governo e impegni industriali seri e coraggiosi da parte di Stellantis e delle aziende della componentistica. Nell’ambito del processo di transizione, al fine di evitare una sterile dialettica ideologica che non porta nessun beneficio a lavoratori e cittadini, la Commissione europea deve sostanziare gli impegni fino ad ora solamente annunciati, stanziando tutte le risorse necessarie a sostenere le decisioni prese a protezione di un settore industriale.
L’Unione deve imprimere più forza ai cambiamenti tecnologici, accompagnando questo cambiamento con un serio e deciso piano di salvaguardia occupazionale, che non escluda il blocco dei licenziamenti, attraverso azioni per la formazione, ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro e un forte sostegno alla riduzione dell’orario di lavoro. Non si può accettare una transizione contro il lavoro e con costi sociali enormi.
Il Governo deve dare concretezza al confronto iniziato più di un anno fa al Mimit: è necessario che, oltre al confronto in corso con Stellantis e agli impegni già presi, si attui un piano strategico con azioni mirate anche per le aziende della componentistica. Poiché il settore è strategico e trasversale rispetto alle competenze di più Ministeri, riteniamo non più procrastinabile e indispensabile il coinvolgimento da parte della Presidenza del Consiglio e dell’AD di Stellantis, che insieme alle OO.SS., determinino le prospettive dell’automotive nel nostro paese, all’interno di un accordo quadro generale che possa dare risposte positive non solo ai lavoratori degli stabilimenti Stellantis, ma anche a tutti coloro che lavorano nelle aziende della componentistica, i quali oggi vivono una condizione di grande precarietà.
Per fare questo il Governo deve mettere a disposizione risorse pubbliche, vincolate a precisi impegni di tenuta occupazionale da parte delle imprese. Risorse che non devono essere limitate agli incentivi per l’acquisto di auto, i quali, tra l’altro, nel 2024 non hanno dato benefici alle produzioni nel paese. Il piano industriale, a partire da Stellantis, dovrà prevedere missioni produttive sufficienti a saturare tutte le fabbriche, nonché investimenti negli enti di ricerca e più in generale negli enti centrali. Questo a maggior ragione ora che la situazione è molto critica e riassumibile con pochi, chiari elementi: nel primo semestre si sono prodotte il 36% di auto in meno rispetto l’analogo periodo dello scorso anno; l’utilizzo degli ammortizzatori sociali sta crescendo ovunque e, in molti casi, siamo ormai prossimi al massimo consentito dalle attuali normative di legge già dai primi mesi del 2025, nonostante la continua e progressiva riduzione del numero complessivo degli addetti.
Per quanto riguarda la catena della componentistica, sono molteplici le vertenze approdate al tavolo del Mimit, molte anche non metalmeccaniche; oltre al problema di tutte quelle imprese di piccole o piccolissime dimensioni che già hanno chiuso. Si registra inoltre il progressivo trasferimento delle produzioni della componentistica verso altri paesi europei ed extraeuropei. Inoltre, gli ammortizzatori
sociali stanno terminando.
Per di più, tra i tanti problemi del settore, l’Europa e il Governo devono affrontare al più presto quello che riguarda il costo dell’energia.
Bisogna aumentare il numero dei veicoli prodotti nel paese, con l’assegnazione della piattaforma small e la produzione di modelli mass market. L’eventuale ingresso di nuovi produttori può essere un’opportunità, se concepito in aggiunta e non in sostituzione dell’attuale presidio industriale e, come avviene in altri paesi europei, dovrà essere vincolato dal Governo anche alla partecipazione diretta dello Stato negli asset societari, all’attrazione di know how, alla valorizzazione della catena di fornitura del nostro Paese e al rispetto delle norme e dei contratti nazionali.
Queste sono le ragioni per le quali siamo impegnati a mettere in campo una forte mobilitazione nel paese. Una mobilitazione partecipata e unitaria, come già avvenuto nei mesi scorsi a Melfi, Torino e Termoli. Siamo impegnati a costruire una rete globale per il lavoro e i diritti dei lavoratori nel settore automotive e sosterremo le mobilitazioni sindacali per la difesa dell’occupazione e contro la chiusura degli stabilimenti in corso in Europa, negli Usa e nelle altre parti del mondo.
Per difendere l’occupazione, i diritti, la capacità produttiva installata e per garantire un futuro all’industria europea, IndustriAll Europe e Global Union devono costruire un piano comune di valutazione, richieste e mobilitazione nei confronti delle istituzioni e delle imprese partire da quelle Europee”.